22 febbraio 2012
Egildo e
Carolina Braga, superstiti dell’affondamento della Empress of Ireland
Egildo e Carolina Braga sopravvissero al
tragico affondamento della nave canadese “Empress of Ireland” che si
inabissò nelle acque del fiume San Lorenzo nella notte tra il 28 e 29
maggio 1914, ma dove perse la vita il loro figlio Rino.
Enrichetta Braga aspetta il mio arrivo seduta dietro la finestra con le
tendine ricamate della sua casa situata appena dopo “lo stabilimento” di
Turbigo, provincia di Milano, forse un po’ ansiosa perché non avvezza a
raccontare ad estranei la storia di famiglia. Non è stato facile
arrivare a lei, ma la nipote Rosella ha già avuto contatti in passato
con altri studiosi e così tutto è diventato naturale, e la presenza
della figlia Carla ha contribuito a rendere l’atmosfera piacevole e
distesa.
Enrichetta Braga, che ha compiuto 93 anni il 17 febbraio 2013, è
persona affabile e molto vivace oltre ad essere in gamba, visto che
continua a vivere da sola e indipendente. Casa ordinata e costellata dei
ricordi di una lunga vita con al centro una delle peggiori tragedie
marittime del Canada. Spiego il mio lavoro di ricercatore, teso a far
conoscere gli aspetti meno noti dell’emigrazione lombarda, e racconto
quanto so, per poi colmare i vuoti con la testimonianza di Enrichetta e
le precisazioni di Rosella e Carla.
La storia di Enrichetta incomincia a Ellis Island, New York dove il 27
dicembre 1908 il piroscafo La Lorraine sbarca due emigranti di
Turbigo: Egildo Braga e Arcangelo Citterio, l’uno diretto a Eveleth,
Minnesota dal fratello Carlo emigrato nel 1906 e l’altro dall’amico
Pasquale Bianchini a Herrin, Illinois. Ambedue futuri minatori di ferro
e carbone.
Egildo Braga, aitante giovanotto di ventun anni, si adegua subito al
ritmo di vita del campo minerario di Fayal dove l’attività ferve: il
ferro è estratto e semitrattato in loco a tal punto che la popolazione
di Eveleth è passata da quasi 2.800 nel 1900 a oltre 7.000 abitanti.
Come d’uso anche Egildo alloggia assieme ad altri minatori presso una
famiglia di compaesani ed infatti il censimento federale americano del
1910 lo elenca quale boarder pensionante presso la famiglia di
Frank e Josephine Colombo. La scrupolosità statistica lo annota quale
minatore di ferro al Fayal Camp e ci informa che ha già inoltrato il
primo documento per ottenere la cittadinanza americana, solitamente il
primo passo verso la decisione di restare per sempre in America.
Egildo,infatti, decide di metter su famiglia, non ha tempo e la
possibilità di trovarsi una moglie in loco o di ritornare a Turbigo e
contatta quindi la famiglia. Siccome tanti giovani erano all’estero il
numero delle ragazze da marito era abbondante e bastava una fotografia o
un vago ricordo per combinare un matrimonio. Qualche giovane donna si
sposava per procura ma Carolina Braga, cugina di Egildo, preferì
attraversare direttamente l’Atlantico sbarcando a New York il 27
maggio 1911 a bordo del piroscafo La Lorraine.
Il manifesto con l’elenco dei passeggeri dichiara che va dal cugino
Egildo Braga al 217 di Grand Street di Eveleth, segno che il minatore
aveva lasciato la pensione ,ma non aiuta a capire se Carolina, allora
diciannovenne, sia partita da sola da Turbigo fino a Le Havre per poi
imbarcarsi il 20 maggio 1911. Nel ricordo di Enrichetta la mamma sembra
essere stata in compagnia di qualche paesana, ma se lo era, non era di
Turbigo in quanto il manifesto non mostra altre persone dirette a
Eveleth. La traversata oceanica, sempre con la medesima connotazione di
ansia e mal di mare e quel pezzo di formaggio portato da casa che non
andava proprio giù, come rammenta Enrichetta con la certezza di chi ha
raccolto le medesime frasi per anni senza mai annoiarsi e prestando
attenzione ai minimi dettagli.
Carolina parte con grande coraggio e fiduciosa di non andare a Eveleth
brasciacoll a ’na pianta (a mettere le braccia al collo a un
albero ovvero a un futuro marito completamente sconosciuto) ma di
sposare l’uomo della sua vita. Enrichetta lo ripete più volte e le foto
successive mandate alla mamma Romorini Maria a Turbigo mostrano infatti
due persone fiere e serene.
Poco dopo il suo disagiato viaggio, il 3 giugno 1911 Egildo e Carolina
Braga si sposano a Eveleth e incominciano a progettare il loro futuro.
Nasce un figlio, Rino e tutto procede per il verso giusto. Enrichetta
conserva ancora le fotografie a viraggio seppia dei matrimoni che molti
emigranti spedivano poi con orgoglio alle famiglie rimaste in Italia.
Ben presto anche Carolina gestirà una casa per pensionanti boarding
house e a tutti racconterà all’infinito di avere avuto fino a 17
minatori da accudire ovvero preparar loro pasti all’italiana e lavare e
stirare i loro vestiti.
Il fratello Carlo, minatore e pensionante in un'altra casa, si sposa
invece nel 1914. L’iter è sempre il medesimo : richiesta alla famiglia
in Italia di cercare una ragazza da marito della cerchia familiare
desiderosa di emigrare. Un rito ormai collaudato.
La futura sposa Giuseppa Garavaglia, pure lei diciannovenne, parte con
il Rochambeau da Le Havre il 14 marzo 1914 e arriva a New York
il 24 marzo 1914. Questa volta le cosiddette navi del lavoro portano
diversi emigranti locali. Ci sono Ronzoni Carolina e Rosa pure dirette a
Eveleth e frotte di emigranti di Castano Primo e Nosate, destinati a
St. Louis, Missouri e di Lonate Pozzolo che vanno invece a Crockett e
San Rafael, California. Nel 1913 almeno 90 turbighesi emigrarono negli
Stati Uniti, ma nel 1914 causa le incertezze politiche, la cifra scese a
soli 15.
Giuseppa lasciava a Turbigo la famiglia con a capo il padre Giuseppe che
era emigrato anni prima a Buenos Aires, Argentina, dove lei era nata
1895.
Una grande e meravigliosa fotografia di matrimonio del 1914 che
Enrichetta aiuta pazientemente a ricostruire mostra Carlo e Giuseppa
circondati da parenti e amici, e soprattutto da Egildo, Carolina e dal
loro bimbo Rino. La datazione della fotografia ha richiesto molte
discussioni e ipotesi perché non ci sono annotazioni di sorta, e
Enrichetta può umanamente identificare soltanto le persone conosciute o
di cui si è costantemente parlato. Tuttavia adesso tutto è chiaro.
Giuseppa arrivò il 24 marzo 1914 e si sposò quasi subito, certamente
prima della partenza di Egildo e famiglia per l’Italia che avvenne
l’ultima settimana di maggio del 1914. Per motivi legati alle
promozioni delle compagnie di navigazione il viaggio via mare ebbe
inizio a Ville du Quebec, Quebec, Canada, raggiunta dopo un viaggio in
treno di 2250 chilometri, la distanza che la separa da Duluth,
Minnesota.
Perché Egildo aveva deciso di tornare a casa? Enrichetta non ha una
risposta precisa : Carolina era contenta di stare in America e le
opportunità di lavoro non mancavano. Si può ipotizzare un richiamo
familiare, allora molto forte in alcune famiglie, per cui Egildo aveva
così deciso di tornare per verificare lo stato delle cose dopo sei anni
di lontananza. Di fatto a bordo della Empress of Ireland c’erano
molti operai licenziati temporaneamente dalla Ford e anche altri
minatori rimasti senza lavoro. Non si era ancora spento l’eco dei
sanguinosi scioperi del 1913-14 nella Copper Country Regione del
Rame del Michigan e nelle miniere di carbone di Ludlow, Colorado,
seguiti nel 1916 da quelli nel Mesabi Range del Minnesota nel 1916.
Talvolta il ritorno tra i propri cari era preferibile al disagio della
lotta per il pane.
Egildo, Carolina e Rino si ritrovarono quindi a Ville du Quebec in mezzo
a una folla di persone che andava naturalmente a Liverpool, scalo comodo
per i nordeuropei ma un po’ meno per gli italiani che avrebbero poi
dovuto proseguire per altri 1250 chilometri.
L’Empress of Ireland salpò regolarmente alle 1630 da Ville du
Quebec al comando del capitano Henry G. Kendall con a bordo 1477
persone tra passeggeri di prima, seconda e terza classe e membri
dell’equipaggio e si inoltrò lungo il fiume San Lorenzo.
Egildo e Carolina declinarono la possibilità di restare nel dormitorio
con gli altri bambini – 138 in tutto – e preferirono rimanere con lui
negli alloggi di terza classe.
Verso la una e venti del 29 maggio 1914 la visibilità sulla rotta fu
azzerata da improvvisi banchi di nebbia. Se ne accorsero sia la
Empress of Ireland sia la nave da carico norvegese Storstad
che procedeva in senso opposto ma nonostante le correzioni di rotta
dell’ultimo momento la Storstad non riuscì a evitare la
collisione. Alle 0155 la prua rinforzata per la navigazione tra i
ghiacci della Storstad squarciò la fiancata della Empress of
Ireland. L’urto fu tremendo, la prua della Storstad penetrò
nella fiancata della Empress of Ireland creando uno squarcio di
quattro metri alto quattordici e penetrando per almeno sette metri sotto
la linea di galleggiamento, e la nave cominciò a sbandare su un fianco.
Alle 0155 la Storstad riuscì a disincagliarsi.
Quindici minuti dopo la Empress of Ireland non era più visibile.
Quando la Storstad urtò la Empress of Ireland Egildo si
svegliò di soprassalto e corse immediatamente a vedere che cosa era
successo. Carolina, stà lì ca vo sù a vidè Carolina aspettami che
vado sopra a vedere. Egildo tornò quasi subito : Carolina al funda,
Carolina affonda.
Per fortuna si erano tenuti il figlio e non erano rimasti nel
dormitorio. 134 dei 138 bambini annegarono e anche loro avrebbero
certamente incontrato la medesima sorte.
La nebbia, la paura, la concitazione della folla, Rino, tutto
contribuisce a rendere drammatica la scena, ma Egildo sembra avere i
nervi saldi, lega in qualche modo il figlio a sé e cerca di capire come
salvarsi. Carolina ha paura, hanno indossato il salvagente, ma buttarsi
in mare al buio non è facile. Si teme il risucchio visto che la nave sta
affondando. In qualche modo raggiungono il ponte, Egildo scalcia
malamente un tizio irrazionale che lo ostacola con valigia al seguito.
Poi si buttano. A un tratto Egildo si accorge che la forza dell’acqua
gli ha sottratto Rino, lo cerca disperatamente, e perde di vista
Carolina. Lei ha preso una trave in testa e si è anche ferita alla
fronte, sprofonda nell’acqua gelida e risale, resiste poi attaccata a
una scialuppa rovesciata.
Enrichetta ha gli occhi lucidi nel rievocare le parole del padre che si
commuoveva sempre ogniqualvolta, e capitava spesso, fissava il pensiero
e il discorso sul tragico evento con un senso di colpa per non essere
stato capace di salvare Rino.
Vusean tucc, in un mument a vusea pù nisun urlavano tutti, in un
momento non urlava più nessuno.
I soccorsi da parte della Storstad medesima e di altre navi
furono rapidi come rapido era stato l’affondamento della Empress of
Ireland, ma la tragedia fu immane. Perirono 1012 persone e se ne
salvarono 465.
I superstiti furono portati nella vicina Rimouski, dove i Braga
cercarono invano di identificare il corpo di Rino tra le salme ritrovate
e allineate per il riconoscimento.
A questo punto non restava che tentare di darsi pace e ritornare a casa
il più presto possibile. La Canadian Pacific mise a disposizione il
Corsican che partì il 31 maggio 1914 alla volta di Liverpool,
assieme ai Braga i pochi italiani sopravvissuti.
Ritornati a Turbigo, Egildo Braga di Angelo e Cavaiani Vincenza si
risposò con Carolina Braga di fu Felice e Romorini Maria il 18 novembre
1914 nella chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta di Turbigo. Gli atti
del matrimonio americano non erano stati interpretati e la coppia
desiderava ricominciare una nuova vita.
L’America aveva lasciato loro molti ricordi, una cintura di pelle con i
risparmi del lavoro in miniera e una catenina d’oro, miracolosamente
scampati all’evento. Nient’altro. Avevano perso tutto, compresi i
vestiti : Carolina raccontava divertita che dopo il salvamento indossava
praticamente soltanto la camicia da notte e si coprì per un po’ con una
cuerta insù una cuerta da là una coperta su e una coperta di
traverso.
La vita riprese. Il 17 marzo 1915 nacque Rina che morì però il 25
novembre 1917. Finalmente il 16 febbraio 1920 nacque Enrichetta Braga,
la madre di Carla e Aurelia che continua a tramandare la storia
familiare. Seguirono poi Mario Braga (5 ottobre 1924-1 febbraio 2001)
padre di Rosella e Pierangela e Rina Braga (15 luglio 1930 – 6 giugno
1931).
Al termine della prima guerra mondiale decine
di turbighesi rientrarono o partirono per gli Stati Uniti alla ricerca
di nuove opportunità di lavoro e tra di essi Egildo Braga. Questa volta
partì da solo da Genova a bordo della Dante Alighieri il 24 settembre
1920 e sbarcò a New York il 9 ottobre 1920. La destinazione era sempre
la medesima : dal fratello Carlo Braga ormai stabilitosi definitivamente
a Eveleth, Minnesota.
Si fermò un paio d’anni ma qualcosa non aveva funzionato e decise di
ritornare in Italia. Sarebbe stato per sempre perché il clima politico
italiano non avrebbe più favorito gli espatri.
Il rimpianto di quella notte lo avrebbe perseguitato per sempre, il suo
pensiero sempre rivolto alla nebbia di Pointe au Pere lungo il San
Lorenzo dove adesso l’anima di Rino si è nuovamente ricongiunta con
quella di Egildo e Carolina._ |