19 novembre 2006

 

Fuggedaboutit


La discriminazione e la diffamazione verso gli italoamericani continua nonostante il tempo del bigottismo sia finito da tempo.

 

Fuggedaboutit  è lo slang urbano di New York per “forget about it”. Pronunciato con l’accento italoamericano nuovayorkese il termine venne immortalato nel film Donnie Brasco del 1997 in cui Al Pacino e Johnny Depp ponderavano sul suo significato. In Italia fu tradotto con “che te lo dico a fare” che sembra piuttosto romanesco al contrario, forse, del “lascia perdere” che avrebbero invece usato i settentrionali.

In generale, gli italoamericani sono ambigui di fronte allo stereotipo della mafia che continua ad essere loro appiccicato: mentre una parte minoritaria lo stigmatizza ad ogni livello, la maggior parte in fondo in fondo se ne vanta  o, per lo meno, si diverte guardando le rappresentazioni della serie televisiva 2 i Soprano” e continua ad adorare Frank Sinatra, che con la mafia americana ebbe certamente delle relazioni. Durante le varie Feste italiane è facile vedere persone con T-shirt  che sfoggiano Fuggedaboutit oppure personaggi travestiti da gangster. Molte persone lo fanno in buona fede, altre per ignoranza, il risultato finale è disastroso.

La colpa è degli italoamericani che hanno imparato a ridere di sé stessi, ma che non si rendono conto dell’intolleranza altrui. La storia va avanti dai primi suonatori d’organetto e continua senza tregua. Se qualcuno vuole approfondire il tema, non deve far altro che leggere il volume dedicato alla discriminazione verso gli italiani scritto nel 1973 dallo studioso Sal LaGumina intitolato “WOP: una storia documentata della discriminazione anti-italiana negli Stati Uniti”.

Le occasioni per dimostrare la propria identità sono molte. Recentemente ci sono state dimostrazioni da parte di nativi americani contro il Columbus Day e in molti casi, come nel Colorado, gli italoamericani hanno dovuto sospenderne le celebrazioni.

Tanto per restare in tema, Matthew Myers, insegnante d’arte drammatica e comunicazione alla Rotolo (sic) Middle School di Batavia nell’Illinois ha scritto una commedia dal titolo “Fuggedaboutit: piccola commedia mafiosa” ormai andato in scena il 20 novembre 2006 nonostante le varie proteste.  Batavia è una città di circa 23.00 abitanti ad una sessantina di chilometri da Chicago con un alto livello d’istruzione secondaria e universitaria e un certo, diffuso benessere. Gli americani di discendenza italiana costituiscono il 9% della popolazione contro il 31% di tedeschi, 18% d’irlandesi, 11% inglesi e 8% ciascuno di polacchi e svedesi.

La trama della commedia è semplice: due fratelli, Joey e Gino Caprese aprono un ristorante italiano. Due mafiosi loro clienti dopo una vita da fuorilegge cambiano atteggiamento e decidono di passare dalla parte dei buoni. Gli italoamericani sono chiaramente presi in giro per il loro accento e per le parole storpiate: il “casta charactas” da cast of characters ovvero il cast degli attori comprende lo stereotipo peggiore degli italiani contrapposti ai compiti e distinti agenti dell’FBI: la madre diventa “Mama Mia Caprese, mudda (madre) di Joey che ha uno “shady background ovvero un passato oscuro e di Gino che è “kinda dim” ovvero un po’ ottuso. Tra i personaggi “Don Vincenzo Medici” e il suo compare “Don Salvatore Palazzo”, i due boss dal cuore d’oro, oltre a “Butch” il cuoco, ex-galeotto che sa cucinare solo cibo da prigione e giocare con i coltelli.

Secondo gli intendimenti dell’autore, la recita insegna ai ragazzi che non bisogna giudicare gli altri dalle loro apparenze.

Tuttavia quando Marina Amoroso-Levato, madre di un ragazzo dodicenne che  frequenta la Rotolo Middle School (prende dall’italoamericano Sam Rotolo) ha letto il copione è sobbalzata e si è subito messa in contatto con la OSIA, Sons of Italy (Figli d’Italia) che è l’organizzazione italoamericana più vecchia ed importante con oltre 600.000 membri sparsi attraverso tutti gli Stati Uniti. La controversia è iniziata subito. I funzionari della scuola hanno difeso la commedia che secondo loro manda un segnale positivo di tolleranza razziale e si sono appellati al diritto di libertà di parola del 1° emendamento della costituzione americana. I Sons of Italy hanno emesso un comunicato stampa a diffusione nazionale con la richiesta di cancellare la rappresentazione che dipinge e rafforza gli stereotipi negativi verso gli italo americani controfirmato da diverse altre associazioni italoamericane come era già accaduto per la serie “i Soprano” e “Shark’s Tale”.

Una coalizione di organizzazioni italoamericane ha tenuto una conferenza stampa il 14 novembre per annunciare le azioni legali intraprese per bloccare la rappresentazione di “Fuggedaboutit” in seguito al rifiuto da parte degli organismi scolastici. In caso di rappresentazione si minacciavano manifestazioni di protesta per mettere in rilievo la giovane età degli studenti di scuola media e la loro facile impressionabilità. Pure contestato il fatto che lo stereotipo TV  e cinematografico, di cui sono comunque colpevoli anche molti registi e attori italoamericani, ha un impatto diretto e dannoso all’interno della stessa comunità.

Anche il reverendo Jessie Jackson ha scritto una lunga lettera di protesta alla scuola.

L’avvocato della coalizione Joseph Rago ha inoltrato tre diverse azioni legali martedì 17 novembre 2006: una richiesta di sospensione temporanea, una mozione di ingiunzione preliminare e una azione legale per difendere i diritti civili.

Il risultato di questa sollevazione non ha dato il risultato desiderato. Infatti, come riportato sia dal Chicago Tribune, ma anche addirittura dal New York Times, il giudice John Grady ha autorizzato la rappresentazione citando il primo emendamento. Secondo la sentenza, il giudice ha dichiarato che il figlio  dodicenne della signora Amoroso-Levato che aveva fatto causa non era dello stesso ceto sociale dei personaggi della commedia  e ha pure chiesto alla corte se a una persona razionale questa commedia indicasse che tutti gli americani di discendenza italiana appartengono alla mafia. Il giudice ha comunque ammesso di non avere letto il copione che secondo l’accusa annulla gli italoamericani dal principio alla fine.

La coalizione delle organizzazioni americane non ha gradito, ma ha dichiarato che, indipendentemente dalle decisione del giudice è stato necessario adire a vie legali per contrastare le crescenti ingiustizie perpetrate nei confronti degli italo americani. Ribadito il concetto che il diritto di parola può avere molte gradazioni, in questo caso non  considerate, si è richiesto di bilanciare questo tipo di rappresentazioni con lezioni sul contributo positivo degli italoamericani.

E’stata pure contestata la morale della commedia, vanamente difesa anche dall’avvocato della scuola Anthony Scariano, chiaramente italoamericano, che asserisce che un libro non si giudica dalla sua copertina, che vede i delinquenti redimersi elargendo cibo ai poveri dopo una vita di ruberie e omicidi. Una morale che offende tanto quanto la commedia medesima.

La controversia ha suscitato un grande interesse soprattutto all’interno della comunità italoamericana, ma anche l’eliminazione dello slang “greaseball”, uno dei tanti termini dispregiativi affibbiati agli immigrati italiani insieme a "dago" e "wop": significa persona dai capelli unti di brillantina, ma anche di sporco.

La storia degli italiani all’estero è costellata di pregiudizi e gli italoamericani, o almeno quelli che si sentono tali, hanno difficoltà in queste situazioni. Nati in America e lontani dalla grande migrazione, perché devono ancora lottare contro i mulini a vento della diversità? Perché non sono accettati come americani di discendenza italiana senza il continuo riferimento soprattutto al loro lato peggiore?

Bobby Tanzilo, americano con antenati di Napoli e Fubine (Alessandria), nato a Brooklyn

ed ora residente a Milwaukee, dove scrive per OnMilwaukee.com, riassume in questo modo il disagio: “Mi sono piaciuti i primi due episodi del Padrino che erano fatti veramente bene. E così pure Godfellas. Ma dove finisce la tolleranza? I film ben fatti non denigrano, mentre quelli fatti male sì? Perchè siamo selettivi in questo contesto? Mi sembra che nel passato gli italoamericani non  siano mai stati infastiditi da questi film? Oppure lo erano, ma avevano paura di dirlo? Oppure abbiamo visto gli altri gruppi che si sono lamentati per gli stereotipi e abbiamo deciso che anche per noi era giunta l’ora di farci sentire?. Dobbiamo decidere da che parte stare e che cosa fare. La nostra posizione s’indebolisce quando decidiamo quale immagine della mafia ci piace e quale no”.

Anche questa è America._